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La testa della vipera

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Emilio Lograve, cresciuto in un piccolo paese di provincia, vive ora in città per compiere i suoi studi di medicina. Un’infanzia difficile e tanti sacrifici lo hanno reso una persona ambiziosa, ma anche perennemente insoddisfatta. Oltre al successo professionale, infatti, Emilio cerca anche la gratificazione dell’amore. Ossessionato da questa necessità, il protagonista si dimostra disposto a fare di tutto. Ma Matilde, donna intelligente e leale, non è certo una sprovveduta. Grazie alla penna arguta di Bersezio, si viene catapultati in un mondo di perfidia e gelosia, di vendette e sentimenti furibondi, che dimostrano quanto l’amore venga spesso confuso con comportamenti che di buono hanno ben poco...

Vittorio Bersezio (1828-1900) nasce a Peveragno, nel cuneese, da una famiglia benestante e di tendenze liberali. Sebbene laureato in giurisprudenza, coltiva fin da giovane una forte passione per la scrittura, tanto da esordire come autore di teatro già nel 1842, con "Le male lingue". Attivo sia in ambito drammaturgico che narrativo, nel 1854 assume la direzione del Fischietto, importante periodico satirico. L’attività giornalistica rappresenta d’ora in poi il suo impegno principale, espresso con la fondazione di un proprio quotidiano – La Gazzetta Piemontese – e portato avanti in parallelo con la politica (nel 1865 è infatti eletto deputato). Profondamente influenzato dalla letteratura francese di Dumas, Balzac e Hugo, ma anche dal romanzo sociale di Zola, Bersezio è noto soprattutto per la commedia "Le miserie 'd Monsù Travet" (1863).