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Vera Verk

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Tradizioni antiche e tragedie moderne si intrecciano nel dramma inesorabile di una famiglia...

Portata in scena una sola volta, nel 1963, al Teatro Stabile "Città di Trieste", "Vera Verk" ù la prima piùce scritta da Tomizza. Suggestionato da una storia sentita da bambino – intrisa di pathos popolare e di folklore slavo – l’autore istriano mette così in scena un dramma dal sapore ancestrale, che vede al centro delle vicende la figura tragica di Vera Verk. Siamo nel Carso, in un paesino anonimo degli anni Trenta. La giovane Vera viene data in sposa a un vecchio invalido, ma sembra non poter resistere al richiamo della carne. Il frutto del suo adulterio, consumato col cognato Svaldo, sarà la piccola Rosa. Il senso dell’opera sta tutto nel destino, apparentemente ineluttabile, della figlia di Vera, che di lì a qualche anno sarà chiamata a sposare, in un matrimonio inconsapevolmente incestuoso, il figlio legittimo di Svaldo...

Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale ù costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.