Nella narrativa quioroghiana tutto riconduce al confronto tra uomo e natura in un parallelo che richiama la dualitĂ Uomo-Destino della cultura classica. Le descrizioni naturalistiche, minuziose e precise, evidenziano una forte conflittualitĂ nella relazione e la natura ostile, cieca, ma giusta è quasi sempre vincitrice sullâuomo. La morte del contadino o del pescatore a causa di un qualche animale selvaggio, che sia un serpente velenoso, un coccodrillo o un parassita del sangue, sono sempre parte di un gioco letale in cui lâuomo cerca di sopraffare la natura e di batterla per sopravvivere, proprio come fece Quiroga quando visse nella giungla di Misiones. Ma la lotta è impari e finisce sempre con il fallimento, la demenza, la morte o semplicemente la disillusione. Lâossessione morbosa di Quiroga per la morte e il dolore viene accettata molto piĂš facilmente dai personaggi che dal lettore: i protagonisti dei racconti sono abituati al pericolo e alle avversitĂ e agiscono secondo regole chiare e specifiche: sanno di non potersi concedere degli errori perchĂŠ la natura, la foresta, non perdona e quando cadono lo fanno con "sportivitĂ " lasciando nel lettore un senso si spaesamento.
Horacio Quiroga è stato uno dei maggiori scrittori del primo Novecento latinoamericano. Tra le sue opere piĂš importanti ricordiamo: Racconti dâamore di follia e di morte (1917), Racconti della foresta (1918), Anaconda (1921), Gli esiliati (1926) e AldilĂ (1935). Animo tormentato, venuto a conoscenza di un male incurabile, anticipò la morte assumendo una dose di veleno. Fra i suoi numerosi interessi è impossibile non menzionare il cinema: fu un precursore della relazione cinema-letteratura in America latina, come testimoniano, fra gli altri, numerose note, recensioni e brevi saggi apparsi sulla stampa periodica dellâepoca. Con lo stile inconfondibile della sua scrittura richiama tutta la magia del cinema.