Un trentenne depresso si rinchiude in una stanza d'albergo cercando di dimenticarsi e farsi dimenticare. Ma, spiando attraverso un buco nel muro le vite degli altri, verrà trasportato in una dimensione inattesa, dove le miserie, gli incanti, le depravazioni dei suoi simili sembrano offrirgli una nuova direzione, o la potenzialità di un cambiamento. “L'Inferno”, pubblicato nel 1908, abbina il vecchio simbolismo con temi più naturalisti, e definisce l'inizio di una transizione di Barbusse verso una letteratura del reale, che troverà il suo apice ne Il fuoco, romanzo totale della Prima Guerra Mondiale. Pur pessimista, Barbusse sembra intravedere uno slancio, lo stesso che lo porterà ad aderire al Partito Comunista Francese, del quale diventerà intellettuale di punta. Una dimensione collettiva e socializzante che pervaderà nel tempo la sua scrittura e il suo agire politico, sino a un umanitarismo socialista. Ma quello de L'Inferno è ancora un Barbusse che resta sull'individuo, che penetra nelle infelicità, strappando lembi di verità da un brulichio di vite nascoste e oscure. L'Inferno fece scalpore in Francia, anche per la scabrosità dei temi trattati.