Zlatan Ibrahimović è stato molte cose. Un predestinato, un talento unico ma impossibile da inserire in squadra, un alieno, un estraneo. Il giocatore che vinceva campionati e coppe nazionali ovunque andasse ma che non arrivava mai in finale di Champions League e non convinceva tutti. Dopo il grande rifiuto di Pep Guardiola, che lo ha espulso dal sistema del Barcellona in cui Ibrahimović aveva tentato di integrarsi, ha avuto inizio la seconda parte della sua carriera. Quando ha smesso di provare a piacere a ogni costo per essere sé stesso fino in fondo. A cominciare dalla notte del 14 novembre 2012, in cui è diventato l’unico calciatore a segnare quattro gol alla Nazionale inglese davanti al pubblico che più lo aveva criticato. E il quarto gol, una rovesciata impossibile, è entrato nella storia del calcio come uno dei più difficili e belli. Con il primo trasferimento al Milan, passando poi per Parigi, Manchester e Los Angeles prima di tornare di nuovo in rossonero, lo Zlatan maturo ha ribaltato la prospettiva. È riuscito a compiere un’impresa che pareva impossibile: adattare la realtà al suo talento e alla sua fantasia. Ma anche lui si è adattato agli anni che passavano, mostrandosi via via più disponibile verso i compagni e offrendo un esempio di professionalità e concentrazione, dentro e fuori dal campo. Sempre con uno stile che è solo suo, è arrivato a quarant’anni e chissà … la sua storia non è ancora finita. Daniele Manusia dipinge un ritratto a tutto tondo di un campione irripetibile che ha sconfitto anche il tempo.
Daniele Manusia è nato a Roma nel 1981. Ha fondato e dirige L’Ultimo Uomo, rivista digitale dedicata allo sport e alla sua narrazione. Ha pubblicato 'Cantona. Come è diventato leggenda' (add editore, 2013) e 'Daniele De Rossi o dell’amore reciproco' (66thand2nd, 2020).