Pubblicato nel 1885, sotto l’influsso di Émile Zola, "La canaglia felice" rappresenta l’approdo di Carlo Righetti al romanzo sociale. In una Milano sordida, abitata da popolani miserabili e piccoli criminali di ogni sorta, la prostituta Bigietta, di stanza nel quartiere di Porta Ticinese, si ritrova contesa fra lo scaltro Tito Marogna e il conte Massimiano Sparvieri. La sua vita, però, verrà sconvolta dal subentrare di un altro personaggio, molto diverso dagli individui con cui solitamente Bigietta si trova ad avere a che fare. Carlo Rey, infatti, è un ricco ereditiere torinese, calatosi nei panni di operaio squattrinato e in cerca dell’amore. Che cosa accadrà , lo si scoprirà soltanto leggendo...
Carlo Righetti (1828-1906) nasce a Milano in un ambiente colto e cosmopolita. Considerato fra i maggiori esponenti della Scapigliatura, egli partecipa alle Cinque Giornate di Milano (1848) e poi alle successive guerre d’indipendenza italiane. Laureatosi in legge, nel 1856 dà vita alla rivista L’uomo di pietra, in cui fa uso di quello che in seguito resterà sempre il suo pseudonimo letterario: l’anagramma Cletto Arrighi. Nel corso della sua carriera pubblica vari romanzi, come ad esempio "La Scapigliatura e il 6 febbraio" o "Il diavolo rosso", ma anche saggi e ben trentanove commedie in dialetto meneghino. Dopo essere stato eletto deputato (1867) accetta un posto come impiegato presso l’Archivio di Stato di Milano e, negli ultimi anni di vita, cura la redazione del "Dizionario milanese-italiano". Impoveritosi col gioco d’azzardo, muore in miseria, dopo aver rinnegato quanto di anticristiano aveva scritto in gioventù.