Siamo tra la fine dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento. Enrico e Giovanni sono due fratelli di Trento, nati sudditi austriaci ma di madrelingua italiana. Per i primi vent’anni della loro vita, condividono gli affetti familiari, i giochi con i coetanei e le compagnie giovanili; frequentano assieme la scuola elementare, la chiesa e l’oratorio; lavorano, gomito a gomito, presso la falegnameria del padre.
Nel 1891, spinto più dallo spirito di avventura che dalla necessità, Giovanni lascia la casa paterna per emigrare dapprima in Brasile e poi negli Stati Uniti.
Sebbene separati dall’oceano Atlantico e benché molto diversi per temperamento ed inclinazioni professionali, i due fratelli vogliono però mantenersi in contatto, coltivando la speranza di riabbracciarsi di nuovo.
Confidando sempre nell’incerto e intermittente servizio postale di allora, si scrivono per più di quarant’anni. Riescono così a trasformare il loro rapporto di sangue in un appassionato rapporto d’inchiostro che riserverà al lettore non poche sorprese.