Pubblicato nel 1919, all’indomani della Grande Guerra, "Rete d’acciaio" è uno dei romanzi più acclamati di Clarice Tartufari (apprezzato anche dalla grande Matilde Serao). La giovane Ilaria è sposata con l’ingegnere Ippolito, il quale è afflitto da una gelosia che ha quasi del morboso. Incapace di affiancare la moglie – alle prese con i malesseri della gravidanza – egli decide di allontanarsene per venti lunghi anni, affidando Ilaria alle cure del padre e andando a lavorare all’estero. Ritornato in Italia, Ippolito fonda uno stabilimento industriale a Terni, chiedendo alla moglie di tornare a vivere insieme. Sullo sfondo di una fabbrica roboante di macchinari moderni, da intendersi come metafora della graduale perdita di controllo dei coniugi, il naufragio della relazione si configura quasi come un inevitabile riflesso dei tempi moderni. Ammantato di suggestioni futuriste, il romanzo costituisce un affresco, di vivido e cinico realismo, della condizione femminile all’inizio del Novecento.
Clarice Gouzy (1868-1933) nasce a Roma da padre francese. Rimasta orfana di entrambi i genitori, cresce a Novilara, manifestando una precoce attitudine alla letteratura. Sposatasi con Vincenzo Tartufari, va a vivere a Bagnore, nei pressi del Monte Amiata, dove trascorrerà quasi tutto il resto della propria vita. Esordisce nel 1887 con la novella "Maestra", cui farà seguito una nutrita produzione narrativa, che riceverà il plauso dei maggiori intellettuali del tempo (da Benedetto Croce, che la considera addirittura superiore a Grazia Deledda, passando per Luigi Capuana e Giovanni Boine). Fra i suoi romanzi più importanti, si possono citare "All’uscita del labirinto" (1914), "Il miracolo" (1909) e "Rete d’acciaio" (1919).