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I mille: da Genova a Capua

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Appena sfuggito alla prigionia, nel 1860, Giuseppe Bandi prende parte in prima persona alla spedizione dei Mille di Garibaldi. Partito da Genova a fianco dell’"eroe dei due mondi", lo accompagnerà di battaglia in battaglia fino a Calatafimi, dove verrà ferito. Il suo resoconto dell’impresa, pubblicato postumo una quarantina d’anni dopo, resta ad oggi uno dei più nitidi esempi di memorialistica garibaldina, ricco di notizie e di fatti d’arme ma anche – e forse soprattutto – di piccole scaramucce fra patrioti, insuccessi e descrizioni minuziose della realtà che Bandi e i suoi commilitoni si sono ritrovati ad affrontare. Un libro inestimabile, tanto per il suo valore di testimonianza storica quanto per l’estrema qualità letteraria, resa evidente da uno stile asciutto, diretto, ma mai povero.

Giuseppe Bandi (1834-1894) nasce a Gavorrano, figlio di un funzionario del Granducato di Toscana il cui lavoro lo porta a trascorre l’infanzia in varie parti della regione (Arezzo, Lucca, Siena). Attivo fin da giovanissimo nella locale cellula della Giovine Italia di Mazzini, è arrestato per la prima volta nel 1857, e poi incarcerato per un anno a Portoferraio fino a quando, con la fuga del Granduca Leopoldo II, non si arruola nell’esercito sabaudo. Partecipa quindi da volontario all’impresa garibaldina dei Mille (1860) e poi alla Terza Guerra d’Indipendenza (1866). Nel 1870, tornato alla vita civile, si dedica alla scrittura e, soprattutto, al giornalismo, dirigendo la Gazzetta Livornese e fondando il quotidiano Il Telegrafo. Di ideali patriottici ma conservatori, verrà assassinato dall’anarchico Oreste Lucchesi in un attentato a Livorno. È autore di "Da Custoza in Croazia" (1866) e "I Mille, da Genova a Capua" (1902), due fra le più importanti opere memorialistiche sul Risorgimento.