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Lo spettro

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L’idea centrale è un ménage a trois, lui lei e il di lui migliore amico. Ma è un ménage à trois ben diverso da quelli cui siamo abituati. Il migliore amico ha sofferto in silenzio, vivendosi un amore platonico che perdiana, non vale mai quanto un amore epicureo, visto che Madonna Fiammetta si mangia in insalata qualunque Beatrice o Laura. Poi "lui" muore, e rimangono "lei" e l’amico. Ad amarsi, chiaro. Solo che c’è un altro risvolto insolito: lui è un attore del cinema, che ritorna infinite volte sullo schermo in un film, La brughiera, e in esso per copione scopre l’infedeltà della moglie (quella del film) e quasi muore di dolore. Il film è ben recitato, la sofferenza dell’attore è all’inizio insopportabile da vedere, ma poi le cose peggiorano, la sofferenza si trasforma in un atteggiamento aggressivo da parte del morto, che appare ben vivo sullo schermo.

Horacio Quiroga è stato uno dei maggiori scrittori del primo Novecento latinoamericano. Tra le sue opere più importanti ricordiamo: Racconti d’amore di follia e di morte (1917), Racconti della foresta (1918), Anaconda (1921), Gli esiliati (1926) e Aldilà (1935). Animo tormentato, venuto a conoscenza di un male incurabile, anticipò la morte assumendo una dose di veleno. Fra i suoi numerosi interessi è impossibile non menzionare il cinema: fu un precursore della relazione cinema-letteratura in America latina, come testimoniano, fra gli altri, numerose note, recensioni e brevi saggi apparsi sulla stampa periodica dell’epoca. Con lo stile inconfondibile della sua scrittura richiama tutta la magia del cinema.