Scritto fra il 1908 e il 1909, e pubblicato da Baldini & Castoldi nel 1911, "Colei che non si deve amare" rappresenta l’esordio narrativo di Guido da Verona, nonché uno dei suoi romanzi più controversi. Incentrato sul delicato tema dell’incesto, esso vede protagonista la camaleontica figura di Arrigo del Ferrante, giovane e benestante arrampicatore sociale. Ossessionato dall’ambizione di scalare le vette della vita mondana, Arrigo sprofonda nella vanità della decadente aristocrazia di inizio Novecento, intessendo parallelamente una relazione morbosa con la sorella Loretta. Loretta, dal canto suo, non disdegna le lusinghe del conte Giuliani, spingendo il fratello Arrigo ad una parabola discendente che culminerà in modo disastroso. Romanzo stralunato, angosciante, "Colei che non si deve amare" merita ancora di essere letto in tutta la sua carica disturbante...
Guido Verona (1881-1939) nasce nel comune modenese di Saliceto Panaro da una famiglia ebraica. Dopo aver esordito come poeta dannunziano ("Commemorazione del fatto d’arme di Brichetto", "I frammenti di un poema" e "Bianco amore"), nel 1911 pubblica "Colei che non si deve amare", primo di una lunga serie di romanzi d’appendice che otterranno uno straordinario successo di pubblico. Aggiungendo al suo nome la particella "da" – così da ricalcare la forma dei cognomi ebraici medievali – Verona dà alle stampe veri e proprie bestseller come "Sciogli la treccia, Maria Maddalena" e, soprattutto, "Mimì Bluette fiore del mio giardino", che nel 1922 raggiunge l’impressionante tiratura di 300.000 copie. Attestatosi come l’autore più venduto degli anni Venti, trascorre gli ultimi anni in un rapporto ambivalente col regime fascista. Non è mai stato chiarito se la sua morte sia avvenuta per suicidio (in polemica con le leggi razziali) o per l’aggravarsi dell’angina pectoris che lo affliggeva.