Cosa vuol dire che una partita di calcio è entrata nella storia? Quali tracce permanenti lascia davvero nella memoria qualcosa di cosĂŹ transitorio come un evento sportivo? Il risultato? Un coro da stadio senza parole? Lo sguardo febbrile di un terzino poco conosciuto che fissa il portiere avversario prima di tirare il rigore piĂš importante del mondo? ZinĂŠdine Zidane piegato in avanti con la testa che aderisce al petto di Marco Materazzi, le due silhouette che si uniscono per un attimo come in una scultura? Stefano Piri racconta la finale del Mondiale 2006, Italia-Francia, come lo snodo dove si incrociano e si risolvono alcune delle narrazioni piĂš potenti del calcio degli anni Zero. Quella paradossale di Zidane, ritornato in Nazionale dopo essersi ritirato perchĂŠ voleva essere ricordato come un eroe. Quella emblematica e per certi versi religiosa della Nazionale italiana, che con la vittoria cancellò in un attimo i peccati di Calciopoli e di un movimento in realtĂ giĂ in crisi da anni. Ma non saremmo onesti se ci limitassimo a canticchiare ancora una volta po-po-po-po-po-po-po senza riconoscere che quel trionfo del 9 luglio 2006 â con i caroselli per strada e la grande festa al Circo Massimo â è lâultima notte felice dâItalia, il momento piĂš luminoso di una stella che in realtĂ , al punto di origine, si era giĂ spenta. PerchĂŠ di una partita entrata nella storia come la finale di Berlino vale la pena raccontare quello che tutti ricordiamo, ma anche quello che abbiamo preferito dimenticare.
Stefano Piri è nato a Genova nel 1984. Scrittore e giornalista, è redattore di Esquire e ha collaborato con LâUltimo Uomo e altre testate.
Nel 2020 ha pubblicato con 66thand2nd 'Roberto Baggio. Avevo solo un pensiero'.