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Il bacio di Lesbia

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"Il bacio di Lesbia" rappresenta un interessante esperimento narrativo, che sfrutta le qualità di un romanzo storico per riflettere sullo status della poesia contemporanea. Pubblicato nel 1938 come coronamento della lunghissima carriera di Alfredo Panzini, esso non è altro che la biografia del poeta più romantico di tutta l’Antichità: Catullo! Diviso fra la sua Sirmione e i viaggi in Asia alla ricerca del fratello perduto, il giovane autore è innamorato della volubile Clodia – passata alla storia col nome di Lesbia – che lo tiene costantemente sulle spine e lo tortura col proprio amore incostante. È quasi impossibile non affezionarsi subito a una figura così umana, ammantata dal fascino maledetto di una giovinezza eterna e senza via d’uscita. Un romanzo visionario, che tiene incollati al testo e che, a distanza di quasi un secolo, sembra non aver minimamente esaurito il proprio messaggio...

Alfredo Panzini (1863-1939) nasce a Senigallia, figlio di un medico riminese. Trascorsa l’infanzia a Rimini, frequenta il Convitto Nazionale Foscarini a Venezia e poi l’Università di Bologna, laureandosi in Lettere (fra i suoi docenti, anche Giosuè Carducci). Insegnerà per tutta la vita al Liceo Ginnasio Statale Terenzio Mamiani di Roma, affiancando alla professione di insegnante una vivace produzione letteraria e lessicografica. Nel 1905, infatti, è fra i compilatori del Dizionario Moderno Hoepli. Scrittore estremamente prolifico, firma una trentina di romanzi (fra cui "Rose d’ogni mese", "Il padrone sono me!" e "La sventurata Irminda"), ma è anche autore di vari saggi storici ("Sigismondo Malatesta") e letterari ("L’evoluzione di Giosuè Carducci").