"Eravamo in guerra, continuavamo a trovarci in piena guerra per l'eterna questione dell'essere italiani e dell'essere slavi, quando in realtà non eravamo che bastardi...".
È probabile che "La miglior vita" sia, insieme alla Trilogia Istriana, l’opera più nota di Fulvio Tomizza. Aggiudicatosi il Premio Strega nel 1977, il romanzo segue le vicende di una piccola comunità istriana, nel paesino di Radovani, di fronte ai tremendi cambiamenti indotti dalla Seconda guerra mondiale. Quella che era sempre stata una convivenza multietnica pacifica, infatti, si rivela pian piano una polveriera. A documentare la vita paesana, scandita dal lavoro e dall’umiltà, è il locale sagrestano, Martin Crusich, che si trova di fronte a un bivio terribile: restare o scappare? Una storia di cambiamento e coraggio, di amore patrio e amicizia interetnica, che non smette mai di insegnare qualcosa.
Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.